Però ecco, questa faccenda del body shaming inizia a farmi
venire il prurito.
Perché sembra che il problema sia l’essere giudicate dal
punto di vista estetico, ma non è affatto così. Quello che secca, che disturba,
che rode non è essere giudicate, ma essere giudicate male.
Quando qualcuno ci giudica belle, eleganti, fighe, quando le
cosce e gli occhioni che selfiamo a più non posso ci regalano gridolini di
ammirazione e bellachessei nessuno si lamenta di essere sottoposto a giudizio.
Non facciamo finta: il giudizio ci va benissimo, lo
cerchiamo anzi, lo bramiamo, purché sia positivo.
È naturale, intendiamoci, è umano e più che legittimo. Però
non possiamo essere tanto incoerenti da tirare fuori poi questa lagna del body
shaming se invece il giudizio è negativo: o diciamo che non vogliamo essere
giudicati dal punto di vista estetico mai, in nessun caso, oppure accettiamo di
essere giudicati sempre, in ogni caso.
Oppure – che a mio parere sarebbe la strada migliore –
lasciamo che ognuno giudichi o non giudichi quel cazzo che gli pare e ce ne
strafreghiamo.
Quello che secondo me non dovremmo proprio fare, invece, è
piagnucolare rivendicando il diritto di avere le coscione o di vestirci come
vogliamo: perché quel diritto lo abbiamo già, ed è tanto scontato che non vale
proprio la pena di parlarne.
Se rivendichi un diritto che già hai, mia cara, dimostri
soltanto di dubitare di averlo.
E se ti dicono che hai il culone forse hai effettivamente il
culone o forse no, ma in ogni caso non è una aggressione. È pura e semplice
maleducazione: non si evidenziano a qualcuno i suoi difetti fisici, non si dice
a qualcuno che ha il nasone o le orecchie a sventola o l’alito cattivo. Per
buona educazione, lo sanno anche i bambini.
Ma non ti stanno aggredendo, non ti stanno violentando, come
non ti stanno aggredendo quando ti dicono che con quei pantaloni stai
benissimo.
Se qualcuno è maleducato è un problema suo, non ti sta
usando violenza.
Che barba questo vederci sempre come vittime, metterci
sempre dalla parte di chi subisce un torto via l’altro, che fastidio il non
capire che se continui a dichiarare di essere una vittima poi lo diventi
davvero. E, soprattutto, ti convinci di esserlo e che sia normale che sia così.
Che barba, chissà quando la smetteremo.
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