giovedì 8 agosto 2013

L'innocenza dell'antilope

Se continui a parlare di colpe non ne esci più.
Perché  non si tratta di stabilire - così come questa cultura da cui nostro malgrado siamo impregnati pare ci costringa a fare - di chi è la colpa o chi è il buono e chi il cattivo.
Perché se tu dici che la colpa è sua, di chi ha fatto una cosa cattiva, il passaggio successivo - di cui nemmeno ti accorgi - è che se la colpa è sua significa che è sua la responsabilità. Quindi la responsabilità non è tua.

La dinamica è invece del tutto diversa, ed è quella antichissima del predatore e della preda.
Quando il leone uccide la gazzella, il ragno uccide la mosca, l'orca uccide la fochina tu non dici che il leone è cattivo: si sa, è la natura. Ma se a fare del male è un essere umano allora ti scatta la necessità di buttarla sul piano morale: visto che il cattivo è lui, io che sono il buono e non ho colpa non ho nemmeno alcuna responsabilità.

Quindi quando vai in montagna con le ciabattine e poi arriva il temporale e tu inciampi e scivoli e cadi nel burrone, siccome la montagna non è cattiva e la colpa non è sua ti prendi la responsabilità del tuo comportamento. E mentre precipiti pensi: "Dio che cazzata che ho fatto".
Se invece vai in minigonna in stazione centrale dove accetti un passaggio da due sconosciuti, mentre ti violentano pensi "Io non ho colpe, i cattivi sono loro".

Della tua protezione, del metterti in condizione di non essere una vittima, ti assumi la responsabilità soltanto laddove non ci sia nessun essere umano a cui poter addebitare la colpa, la cattiveria.

All'antilope non interessa se il leone è o non è cattivo, non si pone il problema se si possa educare diversamente o no: all'antilope interessa non farsi mangiare. Quello di cui si occupa l'antilope è di non diventare una preda.
Qualunque vivente può potenzialmente essere predatore o preda, in determinate circostanze. La maggior parte degli esseri viventi sa che diventa preda chi è solo, chi va nel posto sbagliato, chi si comporta nel modo sbagliato.
Diventa preda chi si mostra debole, chi si mostra fragile e indifeso. Figurarsi chi proclama ai quattro venti la sua debolezza, chi si mette sulle spalle una insegna al neon con scritto "Vittima".

Certo, io antilope potrei starmene sdraiata a pancia all'aria in mezzo alla savana, proclamando il mio sacrosanto diritto di stare rilassata a pancia in su guardando il cielo, e se quel bruto del leone mi mangia è perché il cattivo è lui, la colpa è sua, io non ho fatto niente di male.

Invece vedi, persino lei che è una tenera farfalletta si è disegnata sulle ali due grossi occhi cattivi: fa tutto il possibile per non apparire una preda.
Tu invece rivendichi il diritto di fare tutto quello che ti scrive addosso preda rifutandoti di considerare che un predatore prima o poi, da qualche parte, lo incontrerai.
Rivendichi il diritto di fare quello che ti pare, anche dichiararti tu stessa vittima e cercare difesa e protezione, e rifiuti di considerare che una vittima prima o poi qualcuno che la vittimizzi lo trova.

Tu non hai colpe né responsabilità, tu sei dal lato dei buoni, tu sei l'otaria spensierata che volteggia davanti al muso dell'orca, l'otaria emancipata e affettuosa che vuol bene a tutti ed è giustamente fiera della sua lustrezza, della sua incolpevolezza, tu sei la libera otaria nella libertà del mare. Quando l'orca ti dilania e ti inghiotte muori felice, perché la colpa è sua.

Uno e un solo insegnamento viene dato ai cuccioli, da che esiste la vita: fai tutto tutto quello che puoi per non essere una vittima, per non essere, nemmeno per oggi, una preda.

Basterebbe venisse dato anche ai cuccioli umani e avremmo risolto in un colpo il problema degli stupri, del bullismo, delle violenze domestiche e del trolling sui social network.