Si parlava di lavoro, ultimamente. Qualcuno dice che molto di quello che oggi viene chiamato lavoro cinquant’anni fa sarebbe stato considerato passatempo, o forse nullafacenza. Qualcuno dice che no, perché il mondo cambia e cambia il senso di cosa si intende per lavoro. Qualcuno dice tutt’altro e altro ancora.
Allora così, siccome è venerdì e nevica, mi sono messa a pensarci un po’, a cosa possa voler dire “lavoro”.
Posto che non si possa più sovrapporlo pari pari al sudore, posto che non si possa nemmeno più identificarlo con la messa in pratica di una ben precisa abilità artigianale o competenza intellettuale o capacità commerciale, come potevano essere quella del fabbro o del contabile o della verduraia – perché se così fosse metà abbondante dei mestieri legati al marketing, ad esempio, sparirebbe di colpo – quali possono essere i parametri per identificarlo come tale?
A me ne sono venuti in mente due.
Il primo, ovvio, è l’essere pagati per quello che si fa. Anche in prospettiva, anche poco, anche un domani.
Il secondo, che poi sono tre, è che secondo me un lavoro è qualcosa che:
- puoi definire con parole semplici, chiare, di uso comune nella tua lingua
- consta di procedure che possono essere ripetute per ottenere il risultato che ci si aspetta che ottengano
- puoi insegnare
Vale a dire.
1. Io, mi spiace, ma non riesco a fidarmi di chi non mi sa spiegare in cosa consista il suo lavoro. Per me continua a valere quello che diceva Einstein: non hai capito davvero una cosa se non sei in grado di spiegarla a tua nonna.
Mi è capitato di chiedere di cosa si occupavano a neurochirurghi, fisici teorici, elettricisti, commesse, magazzinieri, matematici. E ho sempre capito benissimo.
Però c'è un sacco di gente che invece parte dicendo “È difficile da spiegare, è un po’ complesso, forse è ancora una cosa troppo nuova per… ci sarebbe una parola inglese ma in effetti non è precisa, diciamo che in un certo senso, e poi è che tu non sei addentro, ti sarebbe difficile… Ma un altro pezzetto di stufato si potrebbe avere?”
2. Un idraulico sa che facendo – o non facendo - una prestabilita serie di cose otterrà un certo risultato, così come lo sanno l’agricoltore, il chirurgo, il cuoco, l’informatico, il barista, la puttana. A valle naturalmente delle contingenze - il tubo troppo usurato, la stagione piovosa, l’errore, la svogliatezza - sa che se fa A e poi B e poi C otterrà X, che è quello che si prefiggeva di ottenere. Più o meno bene, con maggiore o minore abilità, parte da un punto definito e attraverso determinati passaggi arriva ad un altro altrettanto definito.
E c’è chi invece non è in grado di definire alcun passaggio preciso e riproducibile, c’è chi parla di strategie, di mutamenti, di flussi, di aperture, di gente, del nuovo. E se e quando arriva ad un risultato, quale che sia, non ha la minima di come far succedere di nuovo la stessa cosa.
3. Il Carletto aveva forse la seconda elementare ma era perfettamente in grado di insegnarmi a scacchiare i pomodori e legare le cipolle, il mio insegnante di disegno non aveva problemi a insegnarmi l’assonometria così come non ne aveva avuti la maestra a insegnarmi l’ortografia e le tabelline, l’elettricista che mi ha fatto l’impianto mi ha insegnato i colori dei fili, così come il gelataio a fare i gelati e la Tiziana la minestra di orzo e ceci.
C’è chi insegna l’anatomia e chi a scrivere, c’è chi ti può insegnare a ricamare o a pescare, a fare un sito web o a frattazzare un muro.
Se a qualcuno dico “Come si fa, insegnami” e non lo sa, non lo può fare, non è in grado di insegnare – non importa con quanta difficoltà o in quanto tempo - a fare il suo lavoro, ecco, per me quello non è un lavoro.
Questo per quanto mi riguarda, per orientarmi io. Poi beninteso, si è detto: se ti pagano comunque per me non c'è problema.
In un libro di Vonnegut (God Bless you Mr. Rosewater / Perle ai porci) uno dice che per fare i soldi non bisogna lavorare, ma solo procurarsi un secchio e appostarsi vicino al "fiume del denaro" (difficile da trovare, perché chi lo conosce se ne abbevera senza fare il minimo rumore).
RispondiEliminaA me in certi momenti piacerebbe mi insegnassero una cosa del genere (poi nel tempo liberato dalla necessità farei quasi certamente qualcosa di bello e forse anche di utile).
Come siamo irrimediabilmente antichi, cara sfera. A tutt'oggi ci sono presuntuosi colleghi che quando gli chiedo lumi a proposito di una tecnologia che non conosco rispondono con aria di sufficienza "se hai un paio di giorni te lo spiego", suscitando in me il desidoerio primordialoe di consegnare un poderoso "mavaiacagare" al sussiegoso interlocutore :-)
RispondiEliminaIl fiume del denaro è una simbologia, ma del resto il denaro stesso lo è: una volta chiesero a Nicholas Negroponte di spiegare cosa fosse il cyberspace e gli bocciarono la prima spiegazione perché "troppo complessa", lui allora guardando l'interlocutore negli occhi gli disse "Vuole sapere cos'è il cyberspazio? Bene, è il posto dove sono tutti i suoi soldi adesso, escluso il contante che ha in tasca". Il lavoro invece è facile da definire, è uguale al prodotto della forza impiegata per lo spostamento, il che nel caso dei pendolari è particolarmente vero :o)
RispondiEliminaIl punto primo, che si lavora per essere pagati non mi convince completamente. Perché ci sono persone che non sono pagate per un lavoro che non è meno lavoro degli altri. Penso ai casalinghi o ai volontari (sono milioni). Ho pensato che questo punto si potrebbe cambiare in:
RispondiEliminaPunto primo: Si lavora per ricevere gratificazioni.
[Questo farebbe nascere un'altra domanda: perché abbiamo la necessità di ricevere gratificazioni? ;) ]
Il secondo punto:
a) Puoi definire con parole semplici, chiare, di uso comune nella tua lingua
Questo è il punto che mi piace più di tutti! Però non mi sembra qualificante. Nel senso che anche un edificio si può definire in parole semplici, anche un albero o un animale o una macchina si possono definire in parole semplici. Per me questo punto definisce la qualità dei nostri interlocutori più che la consistenza del loro lavoro...
b) consta di procedure che possono essere ripetute per ottenere il risultato che ci si aspetta che ottengano
Sono d'accordo.
c) puoi insegnare
Sono d'accordo.
Direi che i punti b e c sono due aspetti dello stesso concetto. Un lavoro è una cosa che si può insegnare in quanto può essere ridotto a procedure che se ripetute conducono sempre allo stesso risultato.
In sintesi si potrebbe dire:
Un lavoro è una cosa che si fa per ricevere gratificazioni. È una somma di procedure per ottenere un risultato e in quanto tale può essere insegnato.
Con un p.s.: Rispetto al proprio lavoro esistono due tipi di persone: le persone intelligenti che te lo sanno spiegare in poche e semplici parole e gli sciocchi che non essendo in grado di spiegarlo ti dicono che è difficile da spiegare e poi non te lo spiegano.
Sto elaborando la versione definitiva del teorema, tenendo conto di svariate e articolate discussioni che ci sono state nel frattempo. Ci sono quasi. :)
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