sabato 26 novembre 2011

Febbraio 2006


venerdì, 24 febbraio 2006

Dolcemente complicate.

- Sai, ieri sera ho sentito Pluto.
(i nomi sono di fantasia)
- Ah. E?
- E gli ho detto che con mio marito basta, che abbiamo deciso di separarci e che lui sono quindici giorni che è fuori casa.
- Ma sei scema?
(lo sconcerto non è provocato dalla disapprovazione verso una decisione del genere ma dal sapere che non è vero affatto)
- Eh. Non so.
(sorriso disarmante)
- Ma perché diavolo gli hai detto una cosa del genere, scusa?
- Non so. Non so cosa mi è preso. Così.
(sorriso ancor più disarmante)
- Ma forse non ho capito, spiegami bene. Hai deciso di separarti da tuo marito?
- No! Per niente. Anzi. Ho deciso di riprovarci - seriamente - con lui. Penso che sia ora che la finisca, con Pluto.
- Secondo il mio personalissimo parere dovresti finirla con tutti e due quei poveretti, visto che non ami né l'uno né l'altro - e, per inciso, è da due anni che non vai a letto con l'uno e da sei mesi con l'altro, il che alle persone normali sembra renda un po' inutile la compresenza di un marito e di un amante - ma lo sai, ne abbiamo già parlato.
- Sì, sì, lo so. Dovrei, è vero. Ma posso mica rinunciare alle mie sicurezze così. Lo sai, io non mi ci vedo a cavarmela da sola, dai, lo sai.
(sorriso disarmantissimo, da coniglietto neonato)
- Lo so sì. Ma si può sapere perchè hai raccontato al tuo amante una palla così?
- Mah, mi è venuta, non saprei. Volevo metterlo alla prova, ecco, credo.
- Alla prova. Un test, insomma: così, solo per dire, visto che comunque hai deciso di mollarlo. Ma alla fin fine il test che risultato ha dato? Lui cos'ha detto?
- Ha detto che cazzo così d'improvviso, dopo tre anni, senza avvisare, senza parlarne, eh cazzo.
- Beh, comprensibile, direi. Ma nella sostanza?
- Mh. Ha detto che fosse ben chiaro che io stavo lasciando Topolino perchè il matrimonio era finito, a prescindere.
- A prescindere.
- Sì, a prescindere. Cioè, lui non voleva avere responsabilità, in sta cosa.
- Diciamo che, sapendo che tu appunto non sei quella che sta da sola - avendo tu detto e ripetuto, in ogni occasione e a tutti, che dai sedici anni in poi non sei mai stata un giorno senza un uomo avendo sempre mollato uno quando ne avevi un'altro a prenderne il posto - diciamo che ti ha lasciato intendere che non era da pensare che domani tu ti trasferisca armi bagagli e bambini a casa sua?
- Ecco, una cosa così. Mi ha un po' deluso, sai.
- Sì beh, ma mettiti nei suoi panni: per anni ti ha detto di tutto e di più (anche molto di più, perché io parole come adorazione, venerazione, idolatria, le userei con una certa cautela) e tu tutta così, tutta casa e famiglia, tutta ma i miei bambini, tutta io non gliela darò mai perché non sono un tipo di quel genere, poi gliela dai - e passi, questo era scontato fin dall'inizio - poi lo fai ballare su e giù e vienimi a accompagnare e chiamami e regalami un anellino e questo e l'altro e ma io non posso separarmi non posso non so se posso non posso proprio ma se andiamo a vivere insieme poi i bambini come fanno con la scuola ma no ma no non posso e poi - tac! - di punto in bianco gli dici: eccomi qua. L’hai colto di sorpresa, poveretto.
- Sì, sì. Ma sai.
- E poi comunque, e a prescindere da tutto: era una bugia! Potrei capire se fosse vero, tutto l'insieme mi convincerebbe poco in ogni caso, però potrei anche capire... ma santo cielo, non si dice una bugia così. Non si dice a uno "eccomi qua in pacco dono tutto per te" nel momento in cui si è deciso di fare esattamente il contrario, precisamente quando hai deciso di lasciarlo!
- Eh, sai che io son fatta così. Sono limpida.
- Limpida?
- Massì: dico le cose come mi vengono, non sto tanto a ragionarci. Sono istintiva, impulsiva, io. Sono limpida.
- Limpida. Oh mamma mia. Ma adesso cosa succede, scusa?
- Mah, niente. Visto che lui si è comportato così, che mi ha deluso, mi sono ancora più convinta che sia il caso di mollarlo.
- Ma cosa gli dici, no guarda, fa come non detto, è rientrato tutto, ho deciso che tengo in piedi il mio matrimonio, è meglio che lasciamo perdere, ciao?
- Sì, proprio una cosa del genere, pensavo. No? Dici di no?
- Senti, mi hai fatto leggere un messaggio in cui, tutta circonfusa dalla luce della pura verità, dicevi di essere sincera e onesta e di esserlo stata sempre e rimproveravi lui che invece eccetera eccetera. Adesso io non dico, uno fa come crede, ma tanta limpidezza, tutta sta sincerità, dove cazzo la vedi?
- Beh ma dai, finché uno non sa che non era vero per lui sono sincera. No?

(il dialogo è assolutamente reale, parola per parola e risale a stamattina N.d.R)

Postato da: sphera a 13:33 | link | commenti (20)

martedì, 21 febbraio 2006

Il Dottor Sicumera sa pochissime cose ma esprime con forza opinioni su tutto. Non legge un libro da troppo tempo per ricordarsi quale sia stato l’ultimo, non ha una sola opinione che non sia un luogo comune, non inizia una sola frase senza che tu sappia esattamente come la finirà. È un brav’uomo, ma lo strangolerei.

La Marchesa d’Incoerenza prende ogni due ore una decisione fondamentale e definitiva. Decide delle vite sua e altrui sull’onda della istantanea ispirazione di ciò che in quel momento desidera di più, e se le chiedi cosa secondo lei desiderano gli altri spalanca gli occhi sbigottita: non capisce la domanda.
Fortunatamente poco importa, perché mentre prende di continuo drammatiche risoluzioni sul da farsi nel frattempo non fa assolutamente nulla. È una brava donna, ma la butterei giù dal balcone.

Il Capitano Querulo
La Contessa Sfolgora
Il Cavalier Fastidio
Il Principe Roverso
La Dama Saccarina

ve li racconto un’altra volta, che oggi il tempo è sì grigio e bagnato come una lumaca ma va tanto veloce che slitta, in curva, sulla bava.

Postato da: sphera a 09:56 | link | commenti (12)

lunedì, 13 febbraio 2006

La neve è ancora tanta, raccolta in mucchi impervi ai lati della strada. Appoggio i sacchetti della spesa sulla brina dell'asfalto, davanti al passaggio a livello chiuso sui due treni fermi.
- Signorina, mi scusi... - È un giovanotto, quello dell'agenzia immobiliare all'angolo, e tiene per mano una donna minuscola e vecchia, dritta come un fuso sugli stivaletti bassi da bambina che arrivano a metà dei polpacci, nudi sotto una gonnella sghemba e una giaccavento troppo grande - da uomo, sembrerebbe.
È tanto piccola da guardarmi dal basso in alto, con occhi turchini sotto una spuma di riccioloni bianchi. Sorride tutta contenta: ha tre denti, ma sono molto allegri.
- Mi scusi, le spiacerebbe accompagnare lei la signora di là dai binari, che io avrei un po' fretta...?
- Ma certo, volentieri.
Appena sente il mio assenso lei lascia l'uomo e mette veloce la mano nella mia, asciutta, ferma e calda.
- Ecco, brava, bella. Grazie, amore, vedrai che non la disturbo.
- Ma ci mancherebbe, signora.
- Aspetta però, vero, bella.
- Ma sicuro. Aspettiamo che vada via anche l'altro treno, poi che alzino le sbarre, poi passiamo.
- Ecco sì, bella. Grazie. Sono risperata, sai, amore?
- Oddio, e come mai?
- Perché mi si è rotto il gasso.
- Beh ma lo sistemeranno, non si preoccupi... Ha chiamato, vero?
- Sì, la Rosa ha chiamato, hanno detto che vengono alle una, hanno detto. Sono risperata. Per il gasso, sai.
Sorride allegra come un fringuello mentre lo dice, e poi la Rosa ha chiamato quindi non penso ci sia di che preoccuparsi.
- Ecco, passiamo adesso.
- Sì bella. Che gentile che è, signora. – Occhioni spalancati limpidi come appena lavati, e fiduciosi come la sua mano stretta.
- Ma si figuri. Aspetti, facciamo passare anche il camion.
- Sì, amore. Mi accompagni dalla Nicoletta, bella?
- Ma certo. Se mi dice dove sta la Nicoletta, certo.
- Lì, appena avanti. È vicino, vedrai amore, non ti disturbo tanto.
- Ma che disturbo, ci mancherebbe.
- Lo vuoi il caffè, bella?
- No, grazie, davvero, vado a casa. Magari un'altra volta, volentieri.
- Vedi. Vedi che ci sono, le brave signore. E che belli capilli che tieni, amore.
- Oh, grazie. Sono belli anche i suoi.
Ride e si ferma davanti all'arco di un cortile. Sfila la mano dalla mia e sistema la gonna.
- Ecco, adesso mi puoi lasciare, bella, sta qui la Nicoletta, da qui sono capace.
- È sicura? Non vuole che l'accompagni fino là?
- No, no, da qui riesco da sola. È stata così gentile, bella, così gentile.
- Si figuri, per così poco. Sicura che non preferisce che l'accompagni?
- No, da qui so fare. Sei stata proprio brava amore, ciao, bella, grazie.
- Ma prego, arrivederci.
- Ciao bella, ciao amore. Cià un bacetto, cià - Si alza in punta di piedi e prendendomi la faccia tra le mani mi schiocca un bacio su ogni guancia. Ha un buon odore di canfora e stufa.
- Arrivederci, bella, arrivederci, non ti ho disturbato tanto amore, hai visto, arrivederci!
Fa ciao con la mano senza voltarsi, a passi piccolissimi nella ghiaia del cortile, vecchio cherubino sdentato che si fa tenere per mano perchè gli fa spavento i treni.

Postato da: sphera a 10:55 | link | commenti (10)
martedì, 07 febbraio 2006

La mie sono arti di battaglia.
Mie sono le millenarie ripetute guerre di occhio e lama per conquistare un territorio palmo a palmo, mio il rischio di finire, ogni volta, con la gola squarciata nella gloria buia di un fosso, miei sono gli arcani geometrici dei corpo a corpo vischiosi di tensione e di sudore, mie le esauste vittorie che lascian sulla lingua lunghe bave di sconfitta.
Son morto in mille scontri, nel cozzo violento che non lascia scampo mille volte ho saputo com'è il buio, e mille volte son tornato zoppicando, lasciando me morto sul campo, tra i relitti.
Ho sempre saputo come dominare torme di uomini, tutti diversi e tutti da tenere in pugno, che se non li tieni sono loro, che un attimo prima ti avrebbero seguito oltre l'inferno, loro a massacrarti, se solo fai uno sbaglio.
Ho saputo e voluto combattere contro me, contro il mio corpo stesso che mi ordinava di fuggire, e la fierezza di essermi vinto non ho permesso a nessuno dei miei nemici di vederla.
Mia è la cruda verità del tagliare i ponti, dell'avvelenare i pozzi, la lacerata gioia del non poter tornare indietro. Mia è la sapienza della ritirata, dell'attesa che non è una resa ma il taglio gelato che aspetta, tamponandosi il sangue, la vendetta.
Sono mie e soltanto mie le arti della guerra, del piegare con un solo sguardo chi è certo e tronfio di averti conquistato, mio il potere della schiavitù e della preda.
Mie da sempre spada e ferita, corazza e piaga, pugnale affondato nelle viscere e fiotto di gioia insostenibile.
Sono mie le battaglie, è mio il sarcasmo del fate l'amore e non la guerra, mio sotto i platani del viale, io che mi chiamavo Marte e ora, se hai il coraggio, son Martiñha.

(da un gioco che ipotizzava il possibile destino degli dei)

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